Andrès ha vent’anni, vive a Parigi con la madre e non ha mai conosciuto il padre, Jean-Luc Auteuil, al secolo Gianluca Auterri, fotografo celebrato e ammirato, che è riuscito a imprimere la storia in un’immagine.
A pochi giorni dall’inagurazione della mostra dedicata al proprio lavoro, Gianluca si toglie la vita, confessando in una lettera di essere un imbroglione. Andrès è arrabbiato: si può perdere due volte una persona che non si ha mai avuto accanto per davvero? Come può piangere un padre che lo ha abbandonato? Di certo non può abbandonare la madre, Martina, che lo ha cresciuto con amore e ha forgiato un legame unico e indistruttibile. Mamma e figlio partono allora per Milano, c’è il funerale a cui partecipare, l’appartamento del defunto da riorganizzare: è proprio qui che Andrès si imbatte in una stanza tappezzata di proprie foto. La sua unica certezza crolla: perchè il padre li ha abbandonati? Era davvero l’uomo egoista e superficiale che ha sempre immaginato? Il tarlo inizia a rodere fino a portarlo di notte nell’appartamento del padre, dove trova una lettera e il suo diario. In quelle pagine scopre la versione di Gianluca sul successo inaspettato, sulla storia con Martina, sulla propria nascita. A chi dare ragione? Qualcuno ha ragione? Rovistando nel passato dei genitori, Andrès scopre l’unica verità possibile, che non esiste verità.
Daniele Morgese, con una scrittura che gronda dolore, insegna che ogni storia ha il suo negativo, la sua versione inversa e speculare e soprattutto che figli e genitori sono umani allo stesso modo, con sogni insicurezze, paure e meschinità, sono immagine gli uni degli altri, mutui specchi di scampoli di vita.