Anziché un orologio come ai suoi fratelli, per la prima comunione il nonno regala a Maria una Polaroid: lei è affascinata dallo spazio intorno e sogna di diventare architetto da grande, di andare a vivere in città e indossare “scarpe violette magari tutti i giorni per andare in giro, a godersi la bellezza, profumando di buono”. E anche se suo padre ha detto che ” i sogni non si realizzano mai”, Maria ce la fa: si laurea, va ad abitare a Ferrara, lavora a Bologna nello studio di un importante architetto, frequenta i convegni di bioarchitettura e le mostre dei fotografi che tanto ama, isomma ha la vita che ha sempre desiderato. Eppure, ogni venerdì torna nel Delta del Po, quel mondo paludoso che avrebbe preferito dimenticare se Luca, l’uomo che ama con un’intensità febbrile, non fosse stato così legato a quella terra. Lui è criptico, ambiguo, manipolatore, alterna sprezzo a dolcezza. E quando la lascia, è come se un’ondata di piena si rovesciasse sotto quegli “immensi cieli color cicoria”.
Germana Urbani, nel suo romanzo d’esordio, si immerge con spietatezza nelle pieghe più intime della mente di una donna e nelle contraddizioni che spezzano i rapporti umani, scova il nodo che può legare l’amore più ingenuo e il dolore più accecante, sfuma i confini opachi tra passione e follia. Fotografia dai colori annebbiati di un Polesine ancora segnato nel territorio e nelle storie familiari dal ricordo della grade alluvione del ’51, Chi se non noi rapisce, disorienta e costringe a fare i conti con le proprie pulsioni più oscure.