di Dana Gasparro
Tutto è iniziato ad Ottobre dell’anno 2015 quando avevo 18 anni e per la terza volta cercavo una scuola di teatro che mi potesse dare una preparazione qualitativamente migliore rispetto a quella ricevuta prima, esattamente dall’età di 12 anni. Così ho conosciuto il Cantiere Teatrale Adriatico situato a Pescara in Via Sallustio. Se da prima le mie emozioni erano confuse, miste ad ansia, paura e preoccupazione, presto mi sono lasciata andare e ho subito instaurato un bel rapporto con la classe di quell’anno. Mi fu consigliato da un’amica di famiglia con la quale ora non ho buoni rapporti, ma le sarò comunque sempre grata per avermi fatto conoscere il Cantiere, Milo Vallone, attore e regista nonché direttore artistico della scuola e tanti altri professionisti di cui in seguito ne citerò qualcuno.
Da quando frequento il cantiere mi sono esibita in questo spazio circa 15 volte considerando le repliche di alcuni spettacoli. Questo è il posto che da poco più di 4 anni frequento quasi tutti i giorni, dove ho conosciuto molti amici, attori, professionisti e dove ho imparato cosa significhi realmente per me recitare, poter esprimere le mie emozioni liberamente senza dover dar conto a qualcuno. Qui è iniziato per me tutto, anche se ho cominciato da bambina con dei laboratori teatrali qui ho trovato la vera essenza di me stessa. Ho frequentato per un anno il corso di recitazione che comprende anche altre materie come: canto, dizione, improvvisazione e clownerie. Poi successivamente per qualche tempo ho interrotto il mio percorso da allieva qui, per esibirmi in alcuni spettacoli e per continuare i miei studi a Roma. Nel 2018 però sono tornata a Pescara e ho frequentato un altro anno presso il cantiere finendo il ciclo di corsi previsti dalla didattica della scuola. Ma la cosa che più mi lega a questo spazio sono le ore di prove trascorse a ridere e improvvisare quando la memoria mancava e soprattutto tutti i debutti. L’ansia da prestazione che si prova prima di uno spettacolo è una sensazione positiva ma allo stesso tempo ti fa sentire un po’ masochista. Ti ripeti in continuazione perché lo stai facendo, perché non hai scelto un’altra passione nella vita e perché sei li, come ci sei finito? Ma poi tutte queste sensazioni svaniscono e capisci che non avresti potuto desiderare di meglio. Per me il post spettacolo è un momento che solo un artista conosce, gli applausi, i saluti, le cene passate a bere vino e prendersi in giro sulle gaffe fatte in scena. Momenti che resteranno sempre nella mia mente, di bambina prima, ragazza oggi e donna un domani.
Il 2 Aprile del 2016 sono andata in scena per la prima volta in qualità di allieva, insieme ad altri sei attori e compagni come si vede nella foto, con una commedia dal titolo “Baruffa” un format della durata di un’ora e un quarto costruito su vari monologhi sia in chiave comica che drammatica,a me ricordo che toccò di studiare una parte lunghissima e imparare un monologo di circa quattro pagine. Per me fu durà, i quel periodo ero alle prese con lo studio per l’esame di maturità e non avendo mai interpretato prima monologhi di quella portata mi spaventai un po’. Alla fine il debutto andò discretamente, io ricordo che bisticciai un po’ con il regista a casa della parte che mi assegnò e a cui probabilmente non diedi l’importanza richiesta. Quell’anno non fu facile per me, dovetti superare un lutto di un familiare e capitò proprio il giorno delle prove generali dello spettacolo di fine anno che facemmo a Luglio.
Nell’Aprile del 2017 venni per la prima volta chiamata come attrice per recitare in uno spettacolo dal titolo “Womanità 3.0”, non ero più considerata allieva, venni ricompensata, anche se poco, ma questo mi fece prendere coraggio e segnò un piccolo traguardo che mi fece desiderare ancor di più di intraprendere questo mestiere. Così insieme ad altre nove attrici tutte donne e tutte più grandi di me andai in scema in uno spettacolo comico, tutto al femminile. Brillante, simpatico, facemmo sei repliche e furono tutte sold out. Ricevemmo tantissimi complimenti e fu un vero successo per noi ma soprattutto per me. Stavo finalmente uscendo da quella fase di innocenza che mi aveva accompagnata fino a quel momento. Non che quella situazione non mi piacesse, non ho certo la pretesa di poter fare l’attrice senza studiare ma per la prima volta mi sentii responsabile di me e della mia vita. Mi sentii soddisfatta di me stessa.
Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 andai, come già detto, a Roma e ci trascorsi 6 mesi. Quando tornai, ripresi il percorso all’interno della scuola del Cantiere teatrale e qui insieme ad alcuni compagni che avevo lasciato l’anno prima andammo in scena con una commedia di Molière, “Tartufo”, riadattata ai giorni nostri. Anche questo fu uno spettacolo che replicammo diverse volte, andammo anche in provincia di Frosinone, a Collepardo, in occasione di una piccola rassegna estiva che ci volle ospitare. Ho un bel ricordo di quello spettacolo, la compagnia era molto affiatata e insieme ci siamo dati sempre una mano e sostenuti nei momenti di difficoltà. Quando si è in tanti si creano delle vere e proprie famiglie, un po’ nomadi, perché in fondo, un attore è anche questo.
Nel 2018 insieme ad alcuni allievi nuovi della scuola, ho preso parte ad uno spettacolo su tre atti unici. Uno di questi lo portammo già in scena nel mio primo anno ma non fui io ad interpretarlo. Infatti mi piacque molto sperimentare un personaggio che avevo visto fare da un’altra attrice. Lo spettacolo si chiamò: “L’amore ai tempi dell’amore” e trattava le diverse sfaccettature di questo sentimento. Io interpretavo nell’atto “Il cenno” di Luigi Antonelli una giovane donna borghese, zitella, che vive di divertimenti e scandali. Il Centro per la prima volta pubblicò una mia foto presa da una replica del “Tartufo” che facemmo l’anno prima. Fui molto colpita e compiaciuta
Ecco che nel 2019 accadde qualcosa di impensabile per me, fino a qualche anno prima. Finalmente arrivò il mio momento, portai in scena, sempre al Cantiere, uno spettacolo scritto diretto ed interpretato da me, per la prima volta. Coinvolsi altre due attrici mie coetanee, Maria e Roberta, che appoggiarono da subito il progetto e si unirono a me. Così ideammo “Donne di quadri, quello che le donne (non) dicono”. Uno spettacolo che potesse celebrare in modo ironico ma anche riflessivo la figura della donna nei secoli, questo con l’aiuto di tre dei ritratti di donna più famosi, La Gioconda, La dama con l’ermellino e La ragazza con l’orecchino di perla. In onore anche dell’anniversario della morte di Leonardo Da Vinci. Infatti ad Aprile debuttammo con due repliche, entrambe sold out.
Fu per noi ed è tutt’ora un lavoro di ricerca pazzesco, collocare tutte le date e gli eventi storici nel modo più corretto, scrivere da zero un copione senza aver nulla da cui partire. Poi ancora la ricerca degli abiti con un budget limitato ma che nonostante tutto ci ha permesso di portare a termine la nostra prima creatura. Si perché in fondo questo sono gli spettacoli, sono creature che si formano piano, dopo lunghi o più brevi periodi di prove. Io ho avuto la fortuna di poterlo fare al Cantiere che per è una seconda casa. Un luogo dove dalla ragazzina innocente che ero appena entrata, mi sto trasformando in donna, dove ho avuto la possibilità di dare sfogo alla mia creatività e alle mie idee. Per questo posso ringraziare infinitamente Milo, e tutti i ragazzi e i professionisti che mi hanno accompagnata in questo percorso che continua ancora oggi e spero continui per sempre…